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Sostenibilità: "L'analisi LCA permette di identificare le migliori scelte per ridurre emissioni di carbonio incorporato"

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Andrea Botti, Head of Sustainability di Open Project, traccia uno spaccato della sostenibilità nella progettazione: dal peso dell'LCA nelle scelte progettuali, passando per il ruolo dei CAM, visti come un buon punto di partenza ma non un obiettivo progettuale, fino al ruolo dei protocolli di certificazione.

Andrea Botti | Andrea Dari

Ogni progetto deve essere occasione di sviluppo di soluzioni progettuali sostenibili

Andrea Dari:

Qual è il peso oggi che ha la sostenibilità nelle scelte di chi deve elaborare un progetto, al di là degli elementi del capitolato d’appalto?

Andrea Botti:

Avendo dedicato la mia vita professionale alla causa della sostenibilità, io sono di parte: ritengo infatti che che la sostenibilità dovrebbe informare molte delle scelte progettuali architettoniche, strutturali, impiantistiche, a qualunque scala progettuale. Ogni progetto deve essere, a mio avviso, l’occasione per identificare e sviluppare le soluzioni progettuali che permettono di ridurre impatti ambientali o sociali potenzialmente negativi e migliorare comfort e benessere degli occupanti, in ultima istanza arrivando ad innescare effetti rigenerativi.
Mi spingo oltre e arrivo a dire che se Marco Vitruvio Pollione si trovasse oggi a scrivere il trattato “De Architectura”, assieme alle categorie di firmitas, utilitas e venustas, forse porrebbe l’accento sulla necessità che ogni buon edificio possa sustinere, ovvero proteggere, conservare (le risorse naturali), favorire (il benessere), prendersi cura (dei propri occupanti).

Andrea Dari:

Quale tipo di organizzazione si è dotata Open Project per poter trasformare una scelta sostenibile in risultati sostenibili?

Andrea Botti:

Da molti anni Open Project progetta seguendo i dettami posti da protocolli, standards e buone pratiche di progettazione sostenibile. Nel 2022 Maurizio Piolanti e Francesco Conserva, rispettivamente presidente e vice-presidente di Open Project, consapevoli della necessità di integrare fino in fondo la sostenibilità nell’approccio progettuale - in qualunque fase - e di direzione lavori, decidono di dedicare risorse dedicate allo scopo e di fondare Open Project Sustainability Hub.

Grazie all’ingresso in organico di Annamaria Draghetti (Head of Design Strategy & ESG ) e del sottoscritto (Head of Sustainability), alla collaborazione operativa di giovani risorse quali Remo Fabrizi e Simone Marino (entrambi BIM e Sustainability Specialists) e con la preziosa collaborazione di Federica Flor (Project Lead e Research Lead) e Marco Capelli (Senior Facade Engineer, LEED AP e riferimento storico dello studio rispetto ai temi di sostenibilità), l’Hub di ricerca applicata conta sei professionisti altamente qualificati. Questo ci permette permesso di introdurre nel flusso di lavoro dello studio da un lato la definizione di obiettivi strategici di sostenibilità nelle fasi di progetto preliminare, dall’altro le competenze tecniche per potere informare in termini quantitativi le scelte progettuali in termini di comfort termico e visivo indoor, livelli di benessere microclimatico, efficienza energetica, emissioni legate al ciclo di vita degli edifici.

Per maggiori informazioni, rimando alla pagina dedicata all'interno del nostro sito web, recentemente ridisegnato.

Andrea Dari:

Nell’ambito dei processi di progettazione quale peso ha LCA nelle scelte progettuali? In quali fasi del processo viene attuata?

Andrea Botti:

Questo è un tema di importanza fondamentale per Open Project e per il sottoscritto, pertanto non riuscirò ad essere breve!

Negli ultimi decenni, l'attenzione del settore si è concentrata sulla riduzione delle emissioni climalteranti legate ai consumi energetici legati alla fase di esercizio degli edifici (il cosiddetto “operational carbon”). Tuttavia, da un lato il forte miglioramento dell'efficienza energetica permesso dal progresso tecnologico ed imposto da politiche comunitarie e nazionali, dall’altro la progressiva decarbonizzazione della rete elettrica nazionale, hanno permesso di ridurre notevolmente le emissioni di operational carbon.

Ci troviamo dunque in un momento storico in cui, all’interno di una roadmap verso la progressiva e completa decarbonizzazione dell’industria delle costruzioni entro e non oltre il 2050, è emersa la necessità di quantificare e minimizzare le emissioni associate alla produzione, al trasporto, all’assemblaggio/posa dei materiali da costruzione (carbonio incorporato iniziale o “upfront embodied carbon”) e quelle legate a cicli di manutenzione, sostituzione durante l’intero ciclo di vita (carbonio incorporato lungo il ciclo di vita o “life-cycle embodied carbon”).

Incorporare l’analisi LCA nelle fasi iniziali del processo di progettazione aiuta a identificare opportunità per ridurre le emissioni di carbonio incorporato permettendo ai progettisti di prendere decisioni informate sulle tecniche di costruzione, sulla scelta dei materiali e dei fornitori che adottano processi di produzione e di riciclo all’insegna della circolarità a fine vita e della minimizzazione dell'impronta di carbonio.

Basta osservare quanto sta accadendo in Nord Europa per individuare quale sia l’importanza riconosciuta alla quantificazione e minimizzazione del carbonio incorporato: ad esempio in Danimarca dove dal 2023 è obbligatorio svolgere un’analisi LCA su tutti i nuovi edifici, in Francia dove la RE2020 richiede (a partire dal 2021) il calcolo del carbonio incorporato e delle emissioni legate all’intero di ciclo di vita per tutti i nuovi edifici, dimostrando il raggiungimento di determinati obiettivi che saranno ridotti ogni due anni, o ancora il caso di Londra, dove tutti progetti di grande dimensione (sviluppi immobiliari di 150 o più unità residenziali o edifici più alti di 30 m) devono presentare una valutazione delle emissioni legate all’intero di ciclo di vita ed indicare misure di mitigazione.

Ad Open Project ci siamo dati l’obiettivo di eseguire analisi LCA su tutti i nostri progetti a partire dal 2022, e questo ci ha permesso di sviluppare competenze strategiche e, oserei dire, ancora piuttosto rare nel panorama professionale italiano. Una delle attività che stiamo attualmente svolgendo a questo è la costruzione di un database di materiali e soluzioni tecniche votate alla circolarità, che permettano quindi di minimizzare l’impatto di CO2.

Andrea Dari:

In Italia il tema della sostenibilità negli appalti pubblici è regolamentato attraverso i Criteri Ambientali Minimi. Il decreto ha l’obiettivo di fare diventare la sostenibilità un elemento progettuale attraverso alcuni elementi obbligatori e alcune premialità. Si tratta di uno strumento utile per chi progetta?

Andrea Botti:

I CAM sono uno strumento utile quando ci si trova in assenza di ulteriori requisiti normativi relativi alla sostenibilità ambientale. Tuttavia, nella nostra esperienza professionale, ogni volta che abbiamo raggiunto buoni risultati in termini di sostenibilità ambientale nei nostri progetti, lo abbiamo fatto aderendo a protocolli di certificazione ambientale quali LEED o WELL, rispondendo a briefs progettuali sfidanti posti dai nostri clienti, proponendo strategie di rigenerazione edilizia.
In altre parole, i CAM sono un buon punto di partenza, ma proprio in quanto Criteri Minimi non possono e non devono essere considerati come un obiettivo progettuale.

Andrea Dari:

Il cambiamento del codice dei contratti porterà a un inevitabile aggiornamento del decreto. Quali elementi dovrebbero essere considerati per renderlo più utile?

Andrea Botti:

Credo che alcuni nuovi elementi introdotti nei CAM 2022, mutuati da standard o protocolli ambientali quali ad esempio Casaclima o LEED, vadano in direzione positiva. Mi riferisco all’approccio LCA - per ora limitato ai “Criteri premianti per l'affidamento dei servizi di progettazione”, ma che ci auguriamo rientreranno tra le “Specifiche tecniche progettuali per gli edifici”.

Un altro tema molto importante, che ha fatto la sua comparsa nei CAM 2022, è quello della tenuta all’aria degli edifici: la permeabilità all’aria è un aspetto che ha un impatto significativo sui consumi energetici (e sulla qualità/durabilità delle costruzioni sulle quali però non mi soffermo), e che spesso le analisi energetiche effettuate in fase di progetto (exL10 e rispetto Decreto requisiti minimi del 26/06/2015) non considerano.

Le discrepanze tra assunzioni e stime progettuali e prestazioni reali degli edifici, note nel mondo anglo-sassone come “performance gap”, sono problematiche sia in termini energetici (e dunque anche di costo) che emissivi: per intercettarle è necessario da un lato avere progettisti competenti e formati a riguardo, da un lato committenti che pongano l’attenzione sull’impatto di consumi energetici e spese di gestione all’interno delle valutazioni economiche che sotto-intendono i loro investimenti. Non a caso questo aspetto è stato incorporato dalla Tassonomia UE come criterio di screening tecnico all’interno del principio di mitigazione dei cambiamenti climatici.

Andrea Dari:

Il settore in questi anni si è dotato di numerosi strumenti finalizzati a poter supportare, misurare, certificare la sostenibilità dei processi e delle opere, dagli edifici alle infrastrutture: EPD, ESG, norme, protocolli, schemi di certificazione. Cosa è realmente utile e sarebbe necessario potenziare e valorizzare per chi oggi progetta nel nostro Paese?

Andrea Botti:

I protocolli di certificazione che esistono sono certamente utili e si sono diversificati ed articolati negli anni per coprire un ampio spettro di temi di sostenibilità ambientale, dall’utilizzo efficiente di risorse (energia, acqua etc.), riduzione di rifiuti, massimizzazione di benessere termico, visivo e psicologico, e molto altro. Ritengo che questi non debbano essere superati ma piuttosto potenziati.
Io ho avuto la fortuna di poter svolgere la professione in Regno Unito, dove la consapevolezza della responsabilità del settore delle costruzioni nel quadro della transizione energetica ed ecologica è decisamente più matura. Tale contesto ha permesso, la proliferazione di iniziative virtuose quali ad esempio la formazione del London Energy Transition Initiative (LETI): una rete collaborativa di professionisti e organizzazioni del settore dell'ambiente costruito, nata 5 anni fa volontariamente dal basso con l’obiettivo di promuovere e sostenere la transizione verso un futuro a neutralità climatica, e che oggi rappresenta forse il riferimento più importante per la progettazione ‘low carbon’ nel contesto britannico.
A me piace pensare che iniziative simili possano affermarsi anche in Italia
, anzi approfitto di questa intervista per lanciare un appello ai colleghi: uniamoci per promuovere questa transizione!

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